Malattia di Parkinson: una carenza “funzionale” di tiamina?
E. Overton, nutrizionista con un interesse particolare per la tiamina, apprezzando l'intuizione del dottor Costantini, ha recentemente rivisitato l'ipotesi di Costantini (Overton, 2020).
Overton suggerisce che la cascata di eventi che portano alla morte neuronale e ai sintomi della malattia di Parkinson, inclusi tra gli altri tossicità, stress ossidativo cronico e neuroinfiammazione cronica, porterebbero all'inattivazione degli enzimi tiamina-dipendenti causando un "blocco metabolico".
Tra gli enzimi coinvolti c'è l'alfa-chetoglutarato deidrogenasi (KGDH) che svolge un ruolo chiave nel metabolismo energetico mitocondriale. La sua attività è diminuita nella substantia nigra dei pazienti con malattia di Parkinson (MP).
Il blocco della produzione di energia imiterebbe quindi clinicamente la carenza di tiamina. Poiché i livelli di tiamina sono normali, a differenza di una vera e propria carenza in cui i livelli di tiamina sarebbero bassi, questo blocco rappresenterebbe una carenza di tiamina “funzionale” potenzialmente reversibile.
La tiamina somministrata a dosi molto elevate agirebbe quindi come uno “stimolante metabolico” e sarebbe in grado di superare l’inattivazione degli enzimi tiamina-dipendenti.
Overton fa riferimento anche ad uno studio condotto sui ratti che dimostra come alte dosi di tiamina, somministrate prima di un trauma cranico, hanno mostrato di avere un ruolo protettivo nei confronti degli effetti dello stress ossidativo causato dalla lesione sui processi enzimatici tiamina-dipendenti - in particolare sull'enzima KGDH (Mkrtchyan, 2018). Overton osserva che, poiché i ratti non presentavano carenza di tiamina, il ruolo di alti dosi di tiamina non è stato quello di ricostituire le riserve esaurite di vitamina ma piuttosto di invertire il “blocco”.
Il punto chiave è nel titolo del suo articolo: “Mega-dose di tiamina: al di là del problema della “carenza”.