Un aspetto importante del protocollo è il fatto che il dosaggio della tiamina deve essere individualizzato, adattato alla singola Persona con il Parkinson (PcP). Non esiste una soluzione valida per tutti. Costantini ha definito il dosaggio giusto come quel dosaggio che porta ad un miglioramento senza causare un peggioramento dei sintomi del paziente [Costantini, 2018].
Il processo per stabilire il dosaggio efficace di vitamina B1 rappresenta una sfida sostanziale, poiché ad oggi non esiste una guida standard di riferimento che sia stata testata e convalidata su cui basarsi per una stima del dosaggio iniziale.
Gli esami di laboratorio, come quelli che misurano i livelli ematici di tiamina, non svolgono alcun ruolo nella terapia con vitamina B1. Non riflettono necessariamente la “funzione metabolica della tiamina” (Whitfield, 2018) o le sue concentrazioni tissutali. Ancora più importante è il fatto che la tiamina nella malattia di Parkinson non viene utilizzata per correggere una carenza vitaminica, ma viene piuttosto somministrata a dosi farmacologiche elevate per superare una situazione in cui i processi metabolici della tiamina potrebbero non funzionare più correttamente. È stato ipotizzato che ciò possa essere collegato ad una serie di eventi che si verificano nella malattia di Parkinson (es. stress ossidativo, neuroinfiammazione, disfunzione mitocondriale, ecc.), che potrebbero eventualmente interferire con la capacità della cellula neuronale di produrre energia. La sezione “L’evidenza scientifica” presenta maggiori informazioni su questa ipotesi.
Alcuni fattori che influenzano il dosaggio nella terapia con la vitamina B1 identificati dal Dott. Costantini nella sua esperienza clinica includono età, sesso, peso, durata e gravità della malattia (Costantini, 2018). È necessaria una ricerca più sistematica per confermare questi fattori e identificarne altri, per standardizzare l’approccio e confermarne la validità.
Si ritiene comunemente che qualsiasi quantità in eccesso di vitamina B1 assunta per via orale, come quella assunta con la terapia con B1 ad alto dosaggio, verrebbe eliminata attraverso le urine, essendo la vitamina B1 una vitamina idrosolubile (Laird, 2014). Pertanto, dosi elevate di tiamina non dovrebbero portare ad alcun effetto “tossico” o indesiderato. Insomma, molti ritengono che non possa verificarsi una “overdose” di vitamina B1.
Tuttavia, nella pratica clinica, è stata descritta una condizione caratterizzata da un peggioramento dei sintomi a seguito di dosi elevate di tiamina (“sovradosaggio”).
Lonsdale parla della possibilità che i sintomi del paziente peggiorino inizialmente, inaspettatamente, quando viene somministrata tiamina iv per la carenza di vitamina B1. La definisce una risposta “paradossale”, in quanto il paziente carente di B1 paradossalmente peggiorerebbe nel riceverla, anziché migliorare. Tuttavia, questo fenomeno sarebbe temporaneo e alla fine “annuncerebbe un buon risultato” (Lonsdale, 2015).
Costantini, utilizzando il protocollo con la B1 in PcP, riferisce che un dosaggio troppo elevato per uno specifico individuo affetto da MP causerebbe un peggioramento dei sintomi, dopo un iniziale miglioramento di durata variabile - dallo stesso giorno di somministrazione a solitamente due settimane. Lo definisce quindi una “overdose”. L'interruzione della B1 per alcuni giorni sarebbe accompagnata da un miglioramento di tali sintomi senza alcuna conseguenza per la PcP (Costantini, 2018).
Come descritto da Bryan in resoconti aneddotici (Bryan, 2023, resoconti non pubblicati), i sintomi di “overdose” a seguito di un dosaggio della vitamina B1 sono sintomi che: a) sono sempre sgradevoli; b) erano presenti prima di quel dosaggio della vitamina B1 e sono peggiorati, oppure sono nuovi sintomi, ad esempio sintomi che la PcP non aveva sperimentato prima di quel dosaggio della vitamina B1; c) possono essere percepiti come “troppa energia”, ad esempio nervosismo, sensazione di “aver preso troppo caffè”, problemi di sonno; d) comparirebbero di solito dopo un periodo di miglioramento in seguito alla dose di vitamina B1.
È importante sottolineare che un dosaggio che può essere troppo alto per una PcP (“overdose”) può essere giusto o troppo basso per un'altra. Il corpo può immagazzinare una piccola quantità di vitamina B1, tra i 30 e i 50 mg. Se la dieta è carente di tiamina, queste riserve limitate si potrebbero esaurire entro 2-3 settimane (OMS, 1999; Fattal-Valevski, 2011; Marrs 2021). Quindi l'approccio alla ricerca del giusto dosaggio di vitamina B1 è attualmente un approccio per tentativi ed errori. Un dosaggio troppo alto per una PcP (“sovradosaggio”) causerebbe un peggioramento dei sintomi, mentre un dosaggio troppo basso (“sottodosaggio”) non produrrebbe alcun effetto. A complicare le cose la progressione naturale della malattia può anch’essa essere responsabile del peggioramento dei sintomi. La sfida consiste allora nella capacità di individuare il dosaggio che, in quella singola persona affetta da Parkinson, determini un miglioramento senza causare alcun peggioramento dei sintomi.
Questo approccio, che richiede guida e supporto, potrebbe altrimenti causare un certo grado di frustrazione in alcune PcP, ansiose di iniziare il trattamento, che potrebbero erroneamente essere indotte a credere che un dosaggio “più alto” sia più “potente” e migliore.
Costantini ha inoltre osservato nella sua pratica clinica che, a differenza dei pazienti italiani, le PcP nordamericane e africane tendono a richiedere dosaggi molto più bassi di vitamina B1 e possono sviluppare più facilmente sintomi da “overdose” già nel primo giorno di terapia con vitamina B1 [Costantini, 2018].