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Perché il magnesio nella terapia con la vitamina B1 nel Parkinson?

Il magnesio rappresenta una delle tre componenti chiave del protocollo di tiamina (vitamina B1) ad alto dosaggio per la malattia di Parkinson. Ma perché il magnesio?

In primo luogo, un numero consistente di prove ha negli ultimi anni costantemente dimostrato come l’assunzione di magnesio nella dieta sia spesso inadeguata a soddisfare i bisogni nutrizionali di un’elevata percentuale della popolazione in molti paesi. Ad esempio, i dati del NHANES 2013-2016 hanno dimostrato che metà (48%) della popolazione statunitense assumerebbe quantità insufficienti di magnesio da fonti alimentari per soddisfare le proprie esigenze nutrizionali. Inoltre, il contenuto di micronutrienti negli alimenti è notevolmente diminuito negli ultimi decenni, a causa delle pratiche agricole e dei processi di raffinazione degli alimenti. Studi che utilizzano le concentrazioni sieriche totali di magnesio, nonostante le note limitazioni, hanno trovato che le persone con valori normali di concentrazioni di magnesio sono a rischio di sviluppare una carenza subclinica, latente e cronica di magnesio, con un impatto significativo sulla salute. Poiché i livelli che sono vicini al limite inferiore vengono riportati dai laboratori come livelli compresi nell’intervallo di riferimento “normale”, la maggior parte dei medici li trascura e la carenza di magnesio non viene diagnosticata né trattata.

In secondo luogo, con l’invecchiamento, l’assunzione di magnesio con la dieta diminuisce, l’assorbimento si riduce e l’escrezione urinaria aumenta, portando così ad un bilancio negativo. Questo aspetto riguarda anche le persone affette da Malattia di Parkinson poiché molto spesso la malattia di Parkinson viene diagnosticata in persone di età pari o superiore a 60 anni.

In terzo luogo, la carenza di vitamina D è un altro importante fattore di rischio per la carenza di magnesio, poiché provoca una diminuzione dell’assorbimento gastrointestinale del magnesio. La carenza di vitamina D è molto frequente nelle persone con il Parkinson ed è anche più comune nel Parkinson che nella popolazione di controllo.

In quarto luogo, esistono molti medicinali che possono ridurre l’assorbimento del magnesio. Questi medicinali sono usati per condizioni comuni. Ne sono un esempio gli inibitori della pompa protonica (es. esomeprazolo, omeprazolo, pantoprazolo), utilizzati per ridurre la secrezione acida gastrica, nell'ulcera peptica, nel reflusso gastroesofageo, ecc.; antibiotici; diuretici; farmaci anti-ipertensivi; e così via. Anche in questo caso, data la comune coesistenza di condizioni mediche nel Parkinson che spesso si traduce in polifarmacoterapia, le persone con il Parkinson sono esposte a questo fattore di rischio per la carenza di magnesio.

Anche il diabete mellito di tipo I e di tipo II è spesso accompagnato da carenza di magnesio, a causa dell'aumentata escrezione urinaria. La carenza di magnesio è associata a un ridotto rilascio di insulina e a un aumento della resistenza all’insulina e, nei pazienti non diabetici, a un aumentato rischio di sviluppare il diabete. Questo è molto rilevante per il Parkinson, poiché le persone affette da Parkinson hanno spesso un metabolismo del glucosio alterato, con ridotta tolleranza al glucosio e aumento della resistenza all'insulina, esacerbata dalla levodopa, anche in presenza di livelli normali di glucosio nel sangue. Inoltre questa alterazione del metabolismo del glucosio nel Parkinson è associata ad un peggioramento dei sintomi e alla progressione della malattia.

Infine, nel cervello delle persone con il Parkinson sono state riscontrate basse concentrazioni di magnesio.

Tutte queste considerazioni suggeriscono che la carenza di magnesio deve essere piuttosto comune nel Parkinson. Anche se le persone con il Parkinson non venissero trattate con alti dosaggi di tiamina (HDT), sarebbe consigliabile uno screening per i fattori di rischio per la carenza di magnesio. Ciò significherebbe: a) controllare l’età, il consumo di alcol, l’anamnesi clinica e farmacologica, e b) eseguire alcuni esami di laboratorio di base, per valutare la funzionalità renale (creatinina nel sangue), diabete o intolleranza al glucosio (glucosio nel sangue), carenza di vitamina D3 (vitamina D3), ​​magnesio sierico e urinario ed elettroliti sierici – sodio, potassio, calcio, fosfato.

Le conseguenze della carenza di magnesio possono avere un impatto significativo sulla salute individuale. Oltre 300 enzimi necessitano del magnesio come cofattore per la loro azione. Il magnesio svolge un ruolo essenziale nelle reazioni che richiedono ATP, metabolismo energetico e sintesi di acidi nucleici, grassi e proteine. È necessario per il normale funzionamento del sistema nervoso e cardiovascolare, per il controllo della glicemia e della pressione sanguigna, per l'omeostasi del metabolismo del calcio e del potassio e così via. L’elenco dei suoi ruoli è lungo e rende questo minerale, a lungo trascurato, un elemento chiave in molte condizioni mediche.

Ma perché includere il magnesio nel protocollo di tiamina ad alto dosaggio? Oltre alla probabilità di carenza di magnesio nel Parkinson, la risposta è fornita dall'interdipendenza tra tiamina e magnesio. La tiamina richiede magnesio per essere attivata (in TPP) e per svolgere la sua funzione di cofattore (“aiutante”) per molti enzimi coinvolti nelle reazioni chiave della cellula, inclusa la produzione di energia. È quindi plausibile supporre che l'aumento sostanziale dell'assunzione di tiamina con le quantità somministrate nella terapia HDT (vitamina B1), aumenti significativamente la richiesta di magnesio.

Quindi, quale forma di magnesio dovrebbe essere assunta? Sul mercato sono disponibili molte forme diverse di integratori di magnesio. La maggior parte fornisce il magnesio necessario, mentre alcune hanno degli ulteriori vantaggi. In generale si preferiscono le forme organiche in quanto hanno una migliore biodisponibilità. Attualmente non esistono linee guida sul dosaggio del magnesio per prevenire o correggere la carenza di magnesio nel Parkinson e per supportare contemporaneamente la terapia HDT (vitamina B1). Sembra prudente, fino a quando tali linee guida non saranno disponibili, utilizzare dosi inferiori all’UL (Tolerable Upper Intake Limit, in ingl., livello di assunzione superiore tollerabile) di magnesio che, per definizione, è improbabile che rappresenti un rischio di reazioni avverse. Le linee guida dovranno tenere conto non solo dello stato di magnesio dell'individuo e della dose di tiamina somministrata ma anche della persistenza di fattori di rischio associati ad un ridotto apporto e assorbimento o ad una maggiore escrezione di magnesio, che mantengono uno stato carenziale (es. l’essere anziani, il diabete, i medicinali). Il magnesio non deve essere assunto se la funzionalità renale è compromessa, a meno che non sia stato prescritto da un medico.

Infine, la carenza di magnesio condivide clinicamente alcuni dei segni riscontrati anche nel Parkinson, rendendo così più difficile la ricerca della giusta dose di tiamina nella terapia HDT ad alto dosaggio di tiamina (vitamina B1), a meno che non venga corretta fin dall'inizio.

È altamente auspicabile che vengano condotte ulteriori ricerche per valutare il ruolo del magnesio e dell'integrazione di magnesio nel Parkinson e nelle persone con il Parkinson che seguono il protocollo HDT ad alto dosaggio di tiamina (vitamina B1).

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Sergio Pieche

14.06.2023
Magnesio Terapia con vitamina B1 Malattia di Parkinson